Rosa, il colore dei boccioli più delicati e dei fenicotteri appariscenti. Una tonalità abbinata alla dolcezza e al romanticismo ma che può essere anche calda, elettrica (…) La caratteristica principale del colore rosa è quella alleggerire la mente e di fugare pensieri negativi che vi si possono annidare. Ma questo colore, simboleggia anche la capacità di aprirsi verso il prossimo in un continuo ed equilibrato scambio tra il dare e il ricevere. (cit.)
Sono sempre stata un filo grigia, diciamocelo. Non volontariamente, per carità (i colori mi sono sempre piaciuti ma li ho anche temuti per un bel po’).
A spaventarmi credo fosse la loro incredibile capacità di comunicare, anche dalla distanza, una presenza (ma a volte anche un’assenza) uno stato d’animo, un modo di essere. Per me che ho sempre sofferto della sindrome dell’acquario dei pesci (leggasi che quello che mi passa per la testa la mia espressione facciale lo traduce subito in messaggio inequivocabile per chicchessia, anche quando vorrei tanto che il mio sentire non trapelasse) l’opzione di comunicare anche con i colori era insopportabile.
Ho sempre preferito nascondermi, quasi a compensare il fatto che a fare putiferio ha sempre pensato la mia naturale esuberanza. Curioso: difficilmente le persone riescono a leggere questo mio tratto esplosivo del carattere in stretta connessione con una natura quieta e introversa, solitaria e sfuggente (anche per questo spesso mi nascondo). E comunque, che siamo un insieme assolutamente unico e incoerente di elementi mica l’ho detto io per prima e tocca farci pace.
I colori, dicevo, hanno sempre destato inquietudine e imbarazzo, attrazione e repulsione (odi et amo, per dirla con Catullo) e nel dubbio mi sono sempre astenuta dal farci veramente amicizia. Ma la vita, si sa, dispensa opportunità a profusione a patto che le si voglia cogliere e in questo periodo mi diverto a sperimentare, a osare, a sentire con tutti i sensi apparecchiati, cosa significa davvero e nel profondo uscire dalla confort zone ed esplorare territori nuovi.
Siamo biologicamente programmati per essere felici e l’elasticità della nostra neo corteccia cerebrale, ci esorta a sperimentare su noi stessi l’innata capacità di resistenza al dolore che poi è l’unica via per incrociare la felicità.
Forte di questa consapevolezza, mi diverto quindi a esplorare mondi e modi nuovi e quella del colore è senz’altro un’esperienza che mi sta allargando orizzonti. Ho già scritto del mio incontro con Fabiola e di quello che rappresenta per me questo viaggio nella consapevolezza cromatica ma non mi ero ancora lanciata nell’elaborazione di cartelle colore delle persone che si rivolgono a me per fare personal branding.
Chiariamo una volta per tutte: con me si fanno esperienze che incrociano il life coaching alla consapevolezza digitale. Ci si esplora, si indagano virtù e resistenze, lo si fa in una cornice meravigliosa (l’isola d’Elba, che facilita scambio e apertura) si disegna una mappa dei nostri contenuti possibili e si esplorano gli ambienti digitali più adatti a percorrere la via.
Ogni volta è un’esperienza nuova, declinata sulle esigenze personalissime di chi incrocio e l’emozione, pure quella, è sempre nuova. Si tratta di viaggiare con una persona, familiarizzare con il suo odore, cogliere lampi di felicità negli sguardi spesso appannati dalla sfiducia o dalle resistenze interiori.
Lungo la via, si incontrano anche i censori (li abbiamo tutti, mettiamoci l’anima in pace), si intuiscono opportunità e spesso, lo ammetto, sono impietosa (attimo di silenzio). Lo sono nel mio essere franca: qua non si fanno miracoli e il lavoro lo fai tu.
Io ti accompagno, ti annuso, cerco di farti conoscere opportunità e rischi insiti negli strumenti di comunicazione ma il grosso del lavoro è tuo. Spetta a te conoscerti, saperti, lottare contro l’inerzia che ci trattiene in uno stato di confort apparente e che ci impedisce spesso di spiccare davvero il volo sulle ali dei nostri talenti: scordiamoci la parola “aiuto”, al massimo io ti stimolo.
A volte, lo ammetto, torni a casa più confuso di prima.
La strada da fare è lunga e i Social, nonostante sembrino a primo acchito un ambiente fighissimo, super smart e incredibilmente immediato, sono pieni zeppi di trappole e trabocchetti dell’ego, dove l’autoreferenzialità ci aspetta sorniona e ci tende sgambetti a ogni angolo.
Un lavoro faticoso, insomma, che nessuno può fare per te ma se superi l’iniziale smarrimento e non ti fai prendere dallo sconforto, hai l’opportunità di scoprire il giardino più rigoglioso e traboccante meraviglie che tu conosca: il tuo. Nina, la food blogger che con me ha appena concluso una intensa cinque giorni di formazione all’Isola d’Elba, non si è lasciata scoraggiare dal mio teutonico tuonare di insidie e avvertimenti e mi ha regalato il piacere di un percorso (sempre umano prima che professionale) di pura meraviglia.
Ho reticenze e pudori nel raccontare l’esperienza che rimane un qualcosa di estremamente personale e unico, legato a situazioni private che si mescolano a inciampi e opportunità che la vita è brava a farti recapitare non so ancora se in egual misura, ma una cosa voglio dirtela.
Con Nina ho avuto voglia di fare un ulteriore passo verso la conoscenza dei colori e del loro significato e ho capito che ogni viaggio di formazione per me ha un colore.
Un colore che è legato allo stato d’animo della persona, al suo mood comunicativo, a quell’insieme personale e unico di gesti, silenzi, attitudini, atteggiamenti. Ebbene, ho scoperto che Nina aka Zucchero in Valigia è rosa, proprio come il suo logo ma è un rosa croccante e birichino, come quello di un pugno di lecca lecca. Dolce e invitante, ti seduce con la sua promessa di zuccherosi scioglimenti ma non ti mette mai abbastanza in guardia dalla sorprendente tenacia che ti sarà richiesta nell’affrontare anche il suo lato duro, nel caso in cui tu abbia fretta di azzannarla. Va presa con dolcezza e molta calma, Nina, ché ad aver furia si rischia che si chiuda come chiunque si senta violato nei suoi tempi e in modo brusco.
A dolcezza le si risponde con altrettanta dolcezza e non si può certo rimanere indifferenti a quello sguardo morbido che ti cattura mentre tu cerchi di dare struttura alla tua lezione.
Rosa, il primo colore che abbiamo amato da bambine, quando i nostri genitori erano super eroi calati dallo spazio per proteggerci da tutti i mali e nel mondo si agitavano le forze del bene e del male, antitetiche contrapposte: quel tutto bianco o tutto nero che non ammette compromessi di sorta. Il grigio? Non pervenuto!