L’amore è diverso da quello che credevo, più vicino a un’ape operaia un tessitore che a un acrobata ubriaco, più simile a un mestiere che a un sentire.
Io amavo un po’ con la memoria astrale e un po’ con giustizia poetica, ma l’amore è più vicino a una scienza che a una poesia, ha delle sue regole di risonanza e altre di respingenza, ha angoli di incidenza per profili alari e luce, ma non ha regole per il buio e l’assenza di ali.
C. Candiani
La vita e le abitudini delle api mi affascinano da sempre.
Sembra che una virtù straordinaria sia iscritta nel corpo di questi piccoli esseri che, pur essendo creature della terra, mostrano una particolare affinità con il mondo celeste e con le forze invisibili della natura.
Un ordine perfetto e armonioso regola la loro comunità e il lavoro che svolgono senza posa.
Un’istintiva sapienza le rende abili architette di alveari e perfette custodi di un tesoro che accumulano con fatica e previdenza, senza che nulla vada sprecato.
Amano tutto ciò che è “schietto”, pulito e limpido, perché sono esse stesse la quintessenza della purezza.
Per queste caratteristiche che le distinguono in larga parte dal resto del mondo animale, le api sembrano dotate, a chi le osservi, di un “tratto divino”.
Il loro stesso regolare ronzio, prossimo al “sol” della scala musicale, sembra riprodurre quella vibrazione fondamentale con cui, secondo l’immaginario vedico, gli dei hanno creato il mondo. E cosa divina è anche la sostanza che raccolgono, aggirandosi tra i fiori, perché il miele, come scrive Aristotele, “è in realtà cibo che cade dal cielo come rugiada”.
Il miele nutre, cura, purifica i corpi e la prossimità delle api con tutto ciò che è sacro e divino, la loro affinità con le forze che nutrono la vita, la loro relazione con le potenze che mediano tra cielo e terra, indusse gli antichi sapienti a chiamare “api” con solo le Ninfe ma anche le “anime”: le psuchái pure e giuste che vengono a incarnarsi nei corpi mortali.
Con lo stesso nome, i sapienti designarono le caste ministre di Demetra e Persefone, le profetesse di Apollo, le sacerdotesse della Grande Madre e tutte coloro che consacravano la loro vita agli dei.
Api, fanciulle divine, anime, potere della veggenza e della conoscenza, cibo celeste e incorruttibile, rituali di rigenerazione e iniziazione formano un insieme di significati che venivano a loro volta condotti, ancora una volta, alla dolcezza delle parole sprigionate dalle Muse, nei canti poetici.
Tutto ciò ci ricorda ancora una volta lo stretto legame esistente tra ispirazione poetica, canto, natura: fili sottili che uniscono il cielo e la terra e che ci chiamano a gran voce alla nostra responsabilità di ricordare, riportare nel cuore la saggezza degli antichi, attraverso la dolcezza di parole ispirate.
Del resto, come lo stesso Esiodo scrive, dalla divina bocca delle Muse scorre una voce dolce e instancabile. Il canto che le dee intonano, così come la parola che esse ispirano nei mortali, è qualcosa che letteralmente fluisce: una sostanza liquida, una corrente che suscita una sensazione di straordinaria dolcezza capace di risvegliare la nostra intima natura divina.
Dunque l’andare in Natura non produce solo gli evidenti e ben noti effetti benefici a livello psico fisico grazie alle innumerevoli sostanza volatili che gli alberi, il suolo, i muschi, i pollini e i licheni sprigionano.
I benefici di Natura non si esauriscono neanche nella sua ben nota capacità di “ristorare” la nostra capacità attentiva, come sostenuto dai coniugi Kaplan in un affascinante studio.
I benefici dell’andare in Natura, sostenuti dalle pratiche di bagni di foresta, si estendono anche alla capacità di risvegliare in noi un legame atavico, che parla la lingua analogica degli antichi e si mescola al sapere ispirato di chi, cantando poesie, si è sempre lasciato abitare dalle infinite relazioni che abitano il mondo di cui siamo parte.
A poche settimane da primavera, aspetto con emozione di tornare a vedere il miracolo alchemico di queste sapienti tessitrici che, come le Norne, muovono instancabilmente la trama della vita.
P.s. Se leggendomi ti è venuta voglia di adottare un alveare, clicca qua.
Per approfondimenti:
Aristotele “Storia degli animali”
Aristotele “Generazione degli animali”
Bisbare, Fraisse “Forest bathing. I benefici dello Shinrin-yoku, l’arte giapponese di trarre benessere da alberi e piante”
D’Anna “Da Orfeo a Pitagora. Dalle estasi arcaiche all’armonia cosmica”
Esiodo “Teogonia”
Qing-Li “Shinrin-yoku. Immergersi nei boschi. Il metodo giapponese per coltivare la felicità e vivere più a lungo”