Ti capita mai di fare qualcosa spint* da una forza invisibile?
Stamattina è capitato a me.
Non so bene come sono caduta sulla lettura della Baita degli Scoiattoli sul Monte Procinto, però la storia di Ermete che vive lassù e accoglie le persone radunandole attorno a un unico tavolo, mi ha chiamata.
Non c’è stato tempo per pensare: in un attimo ho preso lo zaino (il mio è sempre pronto, non si sa mai appunto..) e gli scarponi, e sono partita, direzione Stazzema.
Sapevo solo che avrei dovuto cercare il sentiero CAI che conduce al Rifugio Forte dei Marmi e che poi da lì, sarei dovuta ripiegare sul sentiero 6 direzione Monte Forato e poi Procinto.
Ero elettrizzata.
Un pò perché amo guidare sulle splendide strade di montagna, un pò perché sentivo che stavo facendo la cosa giusta.
Senza difficoltà ho trovato il luogo da cui parte il sentiero e in breve mi è stato chiaro che si trattava di un percorso davvero straordinario.
Si cammina nel cuore di una foresta verde ricchissima di vegetazione e di fertile umidità.
Qua la Madre respira, si sente, e lavorare a contatto con le sostanze volatili che sono al centro del bagno di foresta, risulta naturale.
C’è profumo di humus, di foglie che si impastano alla terra e di tannino, specie dove i tronchi sono in decomposizione. Questo bosco è vivo, respira con me, e questa sensazione, unita alla meraviglia, mi sostiene lungo la salita.
Più passa il tempo, più mi convinco che l’ecoterapia sia un impasto vivo e creativo di ingredienti che puntano a riunire ciò che è scisso dentro di noi, attraverso una gran quantità di linguaggi.
Penso ai suoni e alle mille voci del bosco, al vento sulla pelle e al calore di Nonno Sole, ma penso anche ai profumi, alle consistenze, alla ruvidezza di un tronco, all’umidità sulla roccia, al correre rapido delle nuvole, alla presenza costante delle cime. Tutto parla, tutto restituisce senso e significato in questo incredibile Mandala esistenziale dentro cui siamo immers* e camminarlo aiuta a penetrarne i significati.
D’un tratto mi commuovo, senza apparente motivo, se non fosse per tutta la bellezza che si rovescia dagli occhi al cuore e cerco un respiro più lungo, mentre socchiudo le labbra in un lungo sorriso e ringrazio, Dio solo sa quanto, per questo immenso dono.
La salita non molla un attimo, mentre il panorama si apre sempre più sulla corona delle Apuane che mi circondano, silenti e maestose.
Cammino e ringrazio, rido, carezzo il muschio, mi siedo su una roccia, canto.
Ho la sensazione che questo bosco parli, che induca il mio stato di profonda gioia, quasi incontenibile, e sento forte l’influenza della Montagna che non mi stacca mai gli occhi di dosso, fintanto che lo vedo, il Procinto, e di lui vedo quella che viene chiamata “La bimba”. Si tratta di un enorme sperone di roccia che somiglia al profilo di una donna, anziana per la verità, che domina la scena silenziosamente.
Ai suoi piedi, la baita degli scoiattoli che però è chiusa e sembra abbandonata. Una minuscola costruzione di legno, affacciata su mare e monti apuani, protetta dalla benevola ma anche forte presenza della “bimba”.
Mi siedo, respiro salsedine e terpeni mentre lo sguardo si perde all’orizzonte.
Sono sicura che se Ermete fosse stato qui, mi avrebbe raccontato mille storie su queste creste per me per lo più sconosciute, che però mi stanno chiamando a sé con misteriosi canti, ogni giorno di più.
Scendo giù per la scorciatoia che dalla baita scende a perdifiato alla Locanda che avevo visto salendo: un posticino curato e amorevole, che già all’andata sprigionava un ragguardevole profumo, e decido che il mio zelo lavorativo mi impone di assaggiarne la cucina.
Sia mai che vi propongo un residenziale senza aver fatto il test di qualità (astenersi bontemponi).
Scherzi a parte (ma non troppo), la scelta delle case che ci ospitano in un residenziale non è mai casuale ma sempre figlia di attenta riflessione.
Non basta che il luogo sia bello e neanche (anche se incide) che la cucina sia buona.
Serve un cuore.
Serve un’ospitalità espressione del territorio, capace di cantarne la musica del cuore. Servono sorrisi e mani gentili, gesti semplici, come anche solo quello di tagliare il pane con la cura di chi è felice di ospitarti.
Così arrivo a Casa Giorgini, una terrazza sulle Apuane, e vengo accolta con calore e spontaneità.
Tordelli (qui si chiamano così, non è uno dei miei soliti refusi eh) della tradizione e un cheese cake da far cantare gli angeli in coro, riempiono la mia pancia ma anche il mio cuore di emozioni.
Poi arriva la cuoca (benedette le sue mani) e padrona di casa, che con fare gentile mi apre la sua casa per mostramela, visto che le ho espresso il mio desiderio di fare un residenziale.
In un attimo parliamo di meditazione e yoga e capisco che abbiamo un linguaggio comune, interessi simili e una insperata affinità di visioni, mentre cammino per le stanze del primo del ‘900 della sua casa ricca di ricordi, fascino e cura.
Questo è un luogo adatto, mi dico: c’è tutto quello che serve per fare un residenziale con i fiocchi.
Trotterello giù per la montagna felice come solo i giorni di clorofilla sanno farmi essere.