Tutto ciò di cui avete bisogno è già dentro di voi, dovete solo avvicinarvi a voi stessi con riverenza e amore. Condannarsi e non fidarsi di sé sono gravi errori. Tutto quello che vi chiedo è questo: amate il vostro io perfetto”
Sri Nisargadatta
C’è bisogno di una nuova idea di vita comune.
Nuove leggi, nuovi accordi, nuovi linguaggi meno tecnocratici, una nuova qualità del vivere sociale e personale che passi per un recupero di umanità. di interiorità, di senso di appartenenza e di vita.
Solo un profondo cambio di paradigma può sostenerci in questa crisi globale che tocca tutti gli ambiti del vivere e possiamo uscirne soltanto collaborando, lavorando insieme a un bene comune.
Non ne usciamo sul piano quantitativo, minimizzando le emissioni di anidride carbonica, facendo la raccolta differenziata, andando a fare la spesa con le borse di cotone. Ne usciamo spostandoci sul piano qualitativo facendoci portavoce di una silenziosa e tenace rivoluzione interiore.
C’è una questione esistenziale che sottende tutte le riflessioni che riguardano l’equilibrio planetario e non possiamo più fare finta che non ci sia.
Il tema è: chi siamo e qual’è il nostro posto nel mondo?
Scoprirlo, è il viaggio di una vita intera, capace di riportarci “a casa”, a quella dimensione di equilibrio, benessere, prosperità interiore che cura che diventa fonte di ispirazione e benessere anche per gli altri.
La sofferenza esistenziale principale che riguarda noi tutti, è la disconnessione da noi stessi.
Perdendo la capacità di dialogare con noi stessi, di conoscere e riconoscere i nostri stati d’animo, perdiamo la capacità di relazionarci al prossimo e alla Natura, la nostra vera casa.
Negli ultimi decenni, svariate discipline hanno iniziato ad occuparsi di studiare e approfondire il potenziale di auto-guarigione insito nel nostro andare (o tornare) in Natura. Questa tendenza ha poi conosciuto con la pratica dei bagni di foresta, diffusasi in Giappone negli anni ’80, una rapida diffusione, offrendo a un numero crescente di persone la possibilità di misurare su se stesse i benefici che il trascorrere del tempo in Natura offre a tutti noi.
La svolta scientifica, che ha acceso i riflettori sulle proprietà curative della natura, è avvenuta nel 1984 quando “Science” pubblica uno studio, View through a window may influence recovery from surgery, dell’epidemiologo Roger Ulrich.
Si tratta della prima affermazione in ambito scientifico, con un disegno sperimentale semplice ed inequivocabile, di un fenomeno che è noto da sempre nel senso comune e nelle pratiche sociali delle popolazioni più diverse.
Il contatto, anche solo visivo, con un ambiente naturale, produce effetti psicologici positivi ed influenza i comportamenti a questi associati.
Non si tratta della prima ricerca condotta su questo tema, altri autori infatti, entro il campo d’indagine dell’Estetica e della Psicologia Ambientale, erano giunti a conclusioni simili, ma il lavoro di Ulrich risulta maggiormente significativo per due motivi.
In primis, la diffusione e l’autorevolezza di Science sanciscono l’impossibilità di confinare questo tipo di risultato entro i limiti dell’aneddotica o della mistica.
In secondo luogo, questa ricerca sottolinea nell’immediato le possibilità applicative del risultato ottenuto, i pazienti osservati mostrano infatti minori complicazioni postoperatorie minor utilizzo di farmaci, decorsi più brevi.
Negli anni trascorsi dalla pubblicazione di questi dati, il settore di ricerca si è sviluppato in modo sistematico, coinvolgendo ambiti scientifici diversi (Psicologia, Medicina, Biologia, Ecologia) ed articolandosi in centinaia di contributi sulle riviste di settore. Sono stati osservati “green effects” circa numerose funzioni psicologiche: riduzione dello stress, attenzione, memoria, ragionamento logico, abilità psicomotorie.
Insomma, stiamo parlando di un fenomeno antico, radicato, che dispone di una grande quantità di evidenze scientifiche e non, che ci chiede di essere visto, ascoltato e approfondito.
In questo contesto nasce l’ecopsicologia, che promuove la crescita personale e la finalizza al raggiungimento di una maggiore consapevolezza personale e interpersonale.
L’idea è quella di facilitare lo sviluppo della persona affinché questa possa riconoscere e realizzare quella che Coelho ha chiamato la “leggenda personale” o che Hillman definì “la ghianda”, al fine di diventare cittadini liberi, aperti, creativi, responsabili.
Alla base del percorso vi è la metafora che unisce il mondo interiore a quello esteriore, riconoscendo parallelismi tra la concezione del mondo interiormente coltivata e la tipologia di realtà vissuta, realizzata, tra ciò che facciamo a noi stessi e ciò che facciamo agli altri.
Ritrovare attenzione, cura e rispetto per l’ambiente naturale non è la mera espressione di una “vocazione ecologista”, quanto un gesto sovversivo (perché capace di portare a profondi cambiamenti interpersonali ma anche socio culturali) e di grande significato transpersonale.
Nel realizzarlo, torniamo a mettere al centro la persona e i suoi bisogni, interpretandoli come il frutto di relazioni di interdipendenza con il Tutto, riconoscendo le nostre grandi responsabilità.
L’ecopsicologia è dunque una scienza del “noi”, in senso ampio ed elabora strategie di collaborazione, condivisione e dialogo a più livelli che si nutre di elementi di mindfulness e presenza compassionevole.
Questo perché, per tornare ad accorgerci del sistema di interrelazione in cui siamo continuamente immersi, abbiamo da renderci conto di ciò che ci accade, di momento in momento, imparando a sviluppare un buon livello di presenza, ascolto e accettazione.
Credo che per smettere di fare guerra fuori (a tutti i livelli e secondo la logica delle corrispondenze già viste) siamo chiamati a fare pace dentro di noi, maturando sguardo ampio, amorevole, il più possibile non giudicante su noi stessi, superando la trance di inadeguatezza che ci tiene tutti separati e distanti.
Dobbiamo “piantarci nuovamente nell’universo” e farlo partendo dal presupposto che ogni cosa è collegata all’altra, proprio come ci insegna la foresta. E poi, una volta che ci sentiremo ben radicati e nutriti, cercare e ricercare il cuore profondo della compassione, della nostra capacità di amare, comprendere, perdonare, confortare, confortandoci, amandoci, comprendendoci, perdonandoci.
Solo così avremo accesso a risorse e qualità del cuore capaci di farci andare oltre al contingente, superando una crisi planetaria che è anche e molto evidentemente una crisi della persona, dei valori, delle visioni.
Insieme.